Ormai la parità di genere è servita ovunque, come il prezzemolo: la metti in giunta, la citi in conferenza stampa, la mostri nei manifesti elettorali. Fa bene all’immagine, non guasta mai, e soprattutto – dettaglio fondamentale – non cambia nulla.
Prendiamo Nardò, esempio da manuale. La giunta comunale conta tre assessore su sette. Quota rosa raggiunta, pratica chiusa, siamo progressisti. Che poi le tre assessore abbiano reale autonomia decisionale è un’altra faccenda – ma dopotutto chi ha tempo per le sfumature?
Tra queste, brilla la figura di Sara D’Ostuni, assessora al bilancio. Una nomina che suona tanto come: “Ci serve una donna in un ruolo importante, dai, mettiamola proprio lì, dove ci sono i conti”. Peccato che i conti siano in rosso fisso, con un debito comunale di oltre 20 milioni di euro, tasse al massimo, TARI aumentata e una narrazione che gronda ottimismo come un opuscolo motivazionale: “Continuità e investimenti”. Sì, certo. A rate e con interessi.
Non si può non apprezzare l’eleganza con cui, mentre si tira la cinghia, si ostenta parità. Un’arte tutta italiana: travestire i problemi con paroline giuste. Il patriarcato? Lo chiamiamo “leadership strutturata”. L’assenza di donne sindaco? “Mancanza di candidature forti”. Il disastro di bilancio? “Piano di sviluppo in fase di assestamento”. Applausi.
Il punto è che le donne in politica ci sono, eccome. Ma troppo spesso vengono usate come scudo umano: una bella assessora in prima fila serve a ripulire l’immagine, a dire “non siamo come CasaPound”. E in effetti non lo sono: in CasaPound la donna è simbolo della Tradizione. Nelle giunte locali, invece, è simbolo di Modernità. In entrambi i casi, però, il potere vero resta maschio e ben serrato nella tasca interna della giacca blu.
Il Comune di Lecce ha appena tre assessore su dieci. La media nazionale è simile. Ma sapete quanti sindaci donna ci sono in Italia? Il 15%. Evidentemente alle donne piace governare... ma solo fino a un certo punto. O forse non glielo si lascia proprio fare.
E allora avanti, continuiamo a colorare le giunte di rosa, purché siano i soliti a decidere chi fa cosa, chi firma cosa e chi, alla fine, si prende gli insulti in consiglio comunale. Basta che l’immagine regga. Il trucco funziona, finché nessuno guarda il conto (e il conto, si sa, lo pagano sempre gli stessi: cittadini, contribuenti e, spesso, proprio le donne).
La politica resta maschio-centrica, muscolare, gerarchica, con qualche decorazione floreale qua e là. Come una torta stantia coperta di glassa: l’estetica inganna, ma l’impasto è sempre lo stesso.
Per chi nutrisse dubbi anche “La Sezione regionale della Corte dei Conti boccia i bilanci dell'amministrazione Mellone-Sodero in un provvedimento di 62 pagine. Mellone e Sodero (Che è vice-sindaca) si sono rivelati pessimi amministratori e la stessa Corte dei Conti avverte che potrebbero arrivare altri rilievi. Ora la parola – ha tuonato l’ex sindaco Marcello Risi - alla Procura per l'accertamento delle responsabilità di assessori, dirigenti e consiglieri. Pesantissima situazione debitoria (superata la soglia dei venti milioni di euro), tardiva approvazione dei rendiconti, illegittime assunzioni di personale nel 2020, 2021 e 2022, violazione delle norme sugli incarichi ai legali esterni, assenza del cronoprogramma dei pagamenti, clamorosi errori nel calcolo del fondo dei crediti difficilmente esigibili”.