Coreografo italiano tra i più conosciuti e apprezzati in Italia e all’estero, ospite di diverse realtà di prestigio internazionale fonda nel 1995, a Lecce, sua città natale, il “Balletto del Sud” oggi considerato una delle migliori compagnie italiane d’autore.
Con un linguaggio di genere che spazia dalla ricerca del contemporaneo, alla rivisitazione moderna dei classici, fino ai laboratori di ricostruzione filologica dei “balletti perduti”. Franzutti quest'anno prenderà parte al Festival della Notte della Taranta, un impegno importante e anche nuovo. Possiamo avere qualche anticipazione?
Per me è un impegno importante, come tutti gli altri impegni della mia vita, non è particolarmente nuovo nel senso che il Tarantismo fa parte della mia ricerca fin dalle origini del mio lavoro, non posso dare grandi anticipazioni perché siamo blindatissimi. Non posso dire neanche nulla di cosa farò fino alla conferenza. Posso comunicare che il maestro concertatore è David Krakauer, un compositore e clarinettista americano di grande esperienza e prestigio che rincontrerò nuovamente i primi di giugno per fare il secondo briefing con lui. E’ un’organizzazione molto importante e sicuramente gestita in maniera professionale e molto severa da Massimo Bray.
Come è nata l’idea di portare in scena “Il Carnevale degli Animali” in chiave coreografica e creativa?
All’interno quest’opera ha questo grande capolavoro della coreografia: la morte del cigno, che Micael Fokine nel 1901 ha utilizzato per creare, per Anna Pavlova, il più celebre assolo della storia della danza del ‘900: “la morte del cigno” – che la produzione lascia nella coreografia originale, ed è danzato da Nuria Salado Fusté che ha provato il ruolo con Carla Fracci. E poi si trovano dei bozzetti di costume degli altri quadri. Come ho detto anche nella presentazione, il compositore non vuole assolutamente che si diffonda questa musica perché non la trova adeguata alla sua “Coscienza”. Fa di tutto per cancellare la traccia di questo spartito. Saint-Saëns temeva che avrebbe potuto nuocere al suo buon nome. Il Carnevale degli Animali è uno spettacolo di ricostruzione creativa, suddiviso in 14 quadri. Ho immaginato che ci fosse in cantiere un’idea di coreografarlo tutto, e che questo piano sia andato in porto. E’ stato scritto come uno scherzo musicale. E la partitura fu pubblicata un anno dopo la morte dell’ignaro compositore.
In scena c’è anche uno spettacolo dedicato ai Beatles: da dove prende le mosse questo omaggio?
E’ un omaggio al grande compositore italiano Luciano Berio che compie 100 anni dalla nascita. Non componeva una musica per tutti, ma astratta ed ermetica. Poliedrico compositore e ricercatore del suono e della musica decise di reinterpretare alcuni dei loro brani e ne dona nuova identità artistica. L’opera fu ispirata da un fortuito e breve incontro fra Berio e McCartney all’Istituto Italiano di Cultura di Londra. La potenza di quel breve scambio ispirò non solo Beatles Songs ma anche le posizioni di Berio rispetto alla musica popolare e rock, di cui lo stesso autore parla ne sul articolo del 1967 “Commenti al rock” pubblicato sulla Nuova Rivista Musicale Italiana, al tempo fra le maggiori testate di settore.
I costumi dei danzatori sono meravigliosi (Un applauso ai suoi costumisti intanto) e realizzati con stoffe disegnate da Ottavio Missoni: in che modo moda e danza si incontrano in questa produzione?
E’ un’esigenza in questo caso temporale: nel 1967 quando Luciano Berio compone questa trascrizione delle musiche dei Beatles, nello stesso anno, a Palazzo Pitti, lo stilista italiano Ottavio Missoni lancia le sue prime collezioni oltretutto con l’invenzione dell’eliminazione del reggiseno, qualcosa di sconvolgente rispetto ai dettami della moda ma anche a livello politico e sociale. Volevo dare anche visivamente il lavoro messo in atto da Berio. Ho cercato uno stilista italiano di quell’epoca che traducesse lo stile inglese in maniera italiana, più o meno la stessa operazione che ha fatto Berio in chiave moderna. Su Missoni la scelta anche perché avevo la fortuna di avere in magazzino delle stoffe originali donate alla compagnia da un’azienda che forniva stoffe per Missoni. Le stoffe sono originali ed i modelli sono presi dalle sfilate del ’67. Hanno avuto grande successo!
Cosa spera che lo spettatore porti con sé dopo aver visto il Carnevale degli Animali e Beatles Song?
L’abitudine di andare al teatro. Immaginare che in questo luogo magico si possano trovare non solo conferme identitarie ma anche l’evocazione di qualcosa che si conosce e comprendere ancora che il teatro è un luogo per tutti. Dove ci si può emozionare e e dove si possano dedicare delle ore della propria vita. Io spero che l’esperienza positiva faccia diventare un’abitudine andare al teatro. Anche per vedere qualcosa che non si conosce. Oggi non è più nell’abitudine degli italiani. Il pubblico non deve immaginare cosa trovare a teatro, deve desiderare ciò che magari non conosce e, quando la vede, arricchirsi. Mentre il pubblico italiano di solito va a vedere le stesse cose, come se cercasse una zona confort. Avere già quel tipo di pubblico, che va a vedere una cosa nuova, il Balletto del Sud e l’orchestra mi è già parsa un’idea vincente.
C’è un momento nella sua carriera in cui ha capito che la coreografia sarebbe stata la sua strada?
A 3-4 anni, quando cominciavo a fare i primi movimenti con mio fratello i miei cugini durante le prime recite di Natale. Io sono nato coreografo. E' la danza che mi ha scelto, non ho scelto io di fare questo lavoro.
Quali artisti – coreografi, musicisti, pittori o scrittori – influenzano maggiormente il suo lavoro?
Sicuramente la mia scuola di pensiero. La traduzione, attraverso le danza, di concetti già esistenti: letterari, musicali, filosofici. Soprattutto la mia ricerca nelle arti integrate. Non è strettamente un artista, ma quando un artista ne incontra un altro, e un altro ancora in una situazione. Questi valori assieme vanno riportati e tradotti attraverso la danza. Sono un traduttore di pagine di storia che attraverso il linguaggio del movimento diffonde a tutti, dai 9 ai 90 anni, le emozioni di quel contenuto. E’ traduzione, la filosofia della mia danza.
Quando crea, si lascia guidare più dalla musica, dalle emozioni o da un’immagine?
La musica genera i passi. Che è una cosa molto naturale per me. Poi le immagini e le emozioni sono scelte, sono indotte.
Che rapporto ha con l’ironia e il gioco nell’arte? Pensa che siano strumenti importanti anche nella danza?
E’ una domanda che mi pongo ogni giorno, ma non ho ancora trovato una soluzione. Umberto Eco avrebbe risposto con il “Nome della Rosa” a questa domanda creando uno dei più grandi capolavori della letteratura. Quanto bisogna giocare e quanto bisogna essere seri e, quanto un artista vuole essere preso sul serio, è forse la risposta a quello stesso Saint-Saëns che era uno “scienziato-compositore" e che quando si trova a fare il Carnevale degli animali rifiuta che questa sua immagine venga diffusa. Quindi l’ironia non deve essere necessariamente ricercata, capita, le battute sono belle quando sono naturali. Un sospiro, uno sguardo all'aria, l'amico ride. Questo può accadere anche attraverso le altre arti.
Senza passare per Marzullo ce l’ha un sogno nel cassetto?
La Compagnia è sempre in crescita. Ma si vive comunque un momento difficile. Forse il mio sogno è quello di avere quella svolta aziendale in termini di contribuzione, di riconoscimento, che possa permettere di vivere questo lavoro con una relativa tranquillità economica e non con l’affanno continuo di chi cerca di fare le cose belle. Perché le cose belle costano.
Bisognerebbe investire di più nella cultura e nell’arte?
Lo Stato investe tantissimo. E’ il pubblico che non è più frequentemente pagante a teatro. La carenza sta nel pubblico, davvero non posso lamentarmi delle Istituzioni. Il cittadino non mette tra le sue priorità la spesa culturale. E quindi c'è una ricaduta che pesa tutta sugli Enti Pubblici. C’è un grande lavoro di diffusione culturale da fare. A livello industriale siamo una delle compagnie con più pubblico d'Italia e quindi la scommessa l’avrei già vinta. Pagare per un’emozione e non per un oggetto, una cosa che non si può mettere in uno scaffale resta, ancora oggi, qualcosa di estremamente complesso.
Marco Marinaci
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