Pittore e scultore, nato a Lecce il 22 luglio del 1961, figlio d’arte, Vittorio Tapparini ha una storia ricca di partecipazioni in rassegne d’arte e personali nazionali e internazionali che segna l’evoluzione del suo percorso narrativo dall’informale ad un personalissimo espressionismo pop.
Tra queste vanno ricordate nel 2007 il Premio Sulmona, nel 2006 la Biennale internazionale d’arte di Ferrara, la Biennale internazionale di arti visive di Taormina, Expo Arte di New York, nel 2009 il Premio Paolo VI, “Triennale d’Arte Sacra Contemporanea” al Seminario Arcivescovile di Lecce. Viene invitato alla Biennale di Venezia “Padiglione Italia” nel 2011 e tra le partecipazioni ai musei sono da ricordare la personale di scultura “Hidalgo” al Must di Lecce nel 2013 con il suo piccolo ‘esercito’, nel 2008 la personale al Museo Cairoli, Fondazione Memmo a San Pietro in Lama e nel marzo 2015 una rassegna a Pescara al Museo “Vittoria Colonna”. Tanti anche i premi e i riconoscimenti: tra questi nel 2006 l’Ercole di Brindisi, nel 2006 Premio Internazionale “Barocco in Art” Grande Salento, nel 2007 il Premio Rembrandt e la nomina di “Gran Maestro dell’Arte nel mondo” per i suoi meriti artistici, nel 2006 Premio “Mercurio d’oro” Euro Arte Expo Porto Recanati, Premio Internazionale Arte Milano 2017, Premio Eccellenza europea delle Arti Roma Barcellona Parigi 2019.
Anime di pesci” è il titolo della nuova collezione dell’artista leccese Vittorio Tapparini e dà il titolo alla sua personale di pittura che si aprirà il 3 luglio alle 19.30 e resterà aperta fino al 31 agosto (tutti i giorni dalle 19.30 alle 23).
È l’espressione di una nuova stagione dell’artista leccese che racconta un dialogo dell’anima tra uomini e creature naturali, soprattutto marine, e insegue una poetica fortemente sensibile rispetto alle problematiche ambientali. Tapparini ha già trattato questa tematica in passato (con opere materiche che emergevano dalle tele), ma oggi nella sua nuova estetica narrativa pop surreale ispirata alla speranza, al sogno e alle favole della nostra vita, la natura prorompe in queste pitture come un elogio infinito. La sua è dunque un’apologia della fauna marina, ma anche delle farfalle che usano i venti per planare su nuove gioie. Grandi bolle d’ossigeno occupano questo mondo immaginifico, tra il mare e la terra, danno aria e il respiro che è mancato a noi negli ultimi due anni e che manca sempre più alla natura. Ecco che tutte queste opere coloratissime (dai titoli espliciti: “Freedom”, “Acquario interiore”, “Meravigliosa creatura”, “Danza la vita”, “Meropide”, “Freedom” ecc) lasciano che un’invasione di pesci, farfalle e onde esploda tra noi: basta imparare ad accogliere e custodire questi doni, sembra voler dire Tapparini.
La bellezza naturale è al centro di questo mondo artistico. Le nuove tele ad olio di Tapparini, in uno stile che l’artista definisce “figurativo fantastico”, lambiscono il simbolismo che riguarda il mondo animale da sempre presente nella storia dell’arte, sin dall’epoca preistorica in cui era di buon auspicio raffigurare quadrupedi e pesci. Nell’arte cristiana poi le allegorie richiamano significati precisi tratti dalle Sacre Scritture: tra gli animali ‘puri’ compare il pesce, il cui nome greco, ichthys, era l’acronimo di Iesùs Christòs Theoù Yiòs Sotètur, ossia Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore.
Da dove arrivano queste opere?
“Il dialogo tra l’uomo e la natura dovrebbe essere una cosa normale, perché noi stessi facciamo parte di essa – spiega l’artista – così queste mie opere sono nate spontaneamente, sognando il mare proprio in tempi in cui la pandemia ci obbligava a stare chiusi in casa. Dopo aver trattato negli ultimi anni sempre favole umane, sogni e narrazioni urbane, ho avvertito dentro il grido della natura intorno che ci avvisa che qualcosa non va. È stato un processo naturale passare dalle favole dell’uomo alle poesie degli animali”.
Il titolo “Anime di pesci” ricorda un verso della canzone di Ivano Fossati “Lindbergh”: “Non sono che l’anima di un pesce con le ali / Volato via dal mare per annusare le stelle / Difficile non è nuotare contro la corrente / Ma salire nel cielo e non trovarci niente…”.
Tapparini: “l’idea del volo sul mare e l’anima del pesce con le ali mi assomiglia. Racconta l’esigenza di libertà, ma anche la solitudine del volatore sognatore, in cui mi ritrovo spesso”.
I pesci in queste tele sono i protagonisti: perché il mare?
“Mettere al centro il mare significa mettere al centro noi – dice – la Terra e le nostre anime. Il mio è un messaggio universale, come l’arte e per questo non può essere legato solo ad un luogo, ad un territorio. Ma a chi vuole vederci anche un legame con il Salento che galleggia tra due mari e alla nostra natura anfibia rispondo che potrebbe essere, ma in modo inconscio. L’acqua è per tutti noi fonte di vita e io forse dal mare sto solo cominciando un nuovo percorso creativo. Credo che in fondo dovremmo farlo tutti, ripensare alla nostra vita e alle nostre abitudini in senso ambientalista, che vuol dire per me semplicemente capire come e cosa ognuno può fare per far bene al pianeta e quindi a se stesso. E per ricordarci di questa mission alla quale siamo tutti chiamati come un grande esercito della salvezza si può cominciare appendendo ai muri delle nostre vite immagini di pesci, di farfalle, di elefanti volanti ecc. Io da qualche tempo vivo così e garantisco che funziona”.
Ritorna in mente il Tapparini delle battaglie di Hidalgo, i suoi tredici guerrieri che conquistarono il Must nel 2013, facendo rimbombare l’arte contemporaneità tra le mura dell’antico convento, allora appena diventato museo. C’è sempre una battaglia da combattere per questo artista: in quel maggio significava scuotere una città addormentata rispetto alla contemporaneità, adagiata solo sulle sue bellezze storiche: oggi abbraccia un discorso universale che non si può che sposare.
La mostra “Anime di pesci” è patrocinata dal Comune di Nardò.