L'ex sindaco Marcello Risi: "Per Mellone non è importante cosa serve alla Città, ma cosa serve a lui per conservare il potere e gestirlo con il minor confronto possibile"

L'ex sindaco Marcello Risi ritiene "doveroso ritornare sulla vergognosa vicenda della elezione a Presidente dei Revisori del Comune di Nardò di un professionista non eleggibile: non per demeriti professionali (si tratta a mio parere di un professionista preparato), ma perché candidatosi alle ultime amministrative e, quindi, non eleggibile per norma di Statuto comunale (i melloniani, a frittata fatta, hanno cambiato lo Statuto)".

 

I consiglieri comunali della maggioranza, con poche eccezioni, hanno però scelto ritenuto di votarlo ugualmente. Il giudice per le indagini preliminari ha ritenuto non sussistente il reato di abuso di ufficio che, comunque il governo di centrodestra, spalleggiato da molti sindaci del centro-sinistra, intende in fretta e furia abolire.

Ma i cittadini hanno prima di tutto il diritto di conoscere i fatti (il sindaco Mellone, per naturale tendenza preferisce buttarla in cagnara). Lo Statuto comunale del Comune di Nardò (fonte gerarchica di rango superiore alle norme aventi semplice natura regolamentare), alla data del 14 marzo 2022, prevedeva all’art. 82 (Composizione e nomina del Collegio dei Revisori) che “Non possono essere nominati Revisori dei conti (…) coloro che hanno partecipato alla campagna elettorale per la nomina a consigliere dell’Ente medesimo”.

Il consiglio comunale di Nardò, con deliberazione n. 12 del 14 marzo 2022 ha eletto alla carica di Presidente del Collegio dei Revisori dei conti per il triennio 2022/2024 un professionista candidatosi alle ultime elezioni amministrative per il rinnovo del consiglio comunale di Nardò, tenutesi nei giorni 3 e 4 ottobre 2021, quindi non eleggibile.

Il professionista era candidato nella lista “Liberi Popolari”, a sostegno del sindaco eletto Giuseppe Mellone. La deliberazione di Consiglio comunale è stata approvata con 21 voti favorevoli e 3 astenuti.

Tutti i consiglieri comunali erano a conoscenza della specifica previsione dell’art. 82 dello Statuto Comunale, poiché la stessa norma è stata oggetto di espresso richiamo nella discussione che ha preceduto la votazione, come risulta dal resoconto stenografico della seduta.

Successivamente, nelle settimane seguenti, sono state portate all’esame del Consiglio Comunale di Nardò leProposte di deliberazione n. 32 del 28.03.2022 (“Modifica statuto comunale”) e n. 38 del 31.03.2022, inserite all’ordine del giorno del Consiglio comunale convocato per venerdì 8 aprile 2022.

Le proposte di deliberazione sono state formulata allo scopo di operare sostanzialmente una “sanatoria” della votazione illegittima del 14 marzo 2022, attraverso un tortuoso iter avente lo scopo (unico scopo) di ribadire l’elezione a Presidente del Collegio dei Revisori del professionista ex candidato e, quindi, ineleggibile, attraverso una preliminare modifica dello Statuto del Comune di Nardò, da adottarsi immediatamente prima (proposta di delibera n. 32 del 28.03.2022, punto 3 all’ordine del giorno della stessa seduta del Consiglio comunale).

Una vera e propria proposta di modifica ad personam: l’eliminazione della norma che impedisce l’elezione nel Collegio dei revisori di coloro che hanno partecipato come candidati all’ultima campagnaelettorale per l’elezione del Consiglio comunale. Una modifica escogitata con l’intento di rimuovere ex post l’ineleggibilità del commercialista candidato nelel liste di Mellone.

La proposta di delibera n. 32è concepita come atto propedeutico ad una “bizzarra” convalida, per trasformare in eleggibile un professionista “ineleggibile”.

La dinamica dei provvedimenti, quelli già adottati e quelli da adottare, delinea un unico disegno: eleggere alla carica di Presidente dei Revisori un professionista privo dei requisiti di eleggibilità.

La proposta di delibera riconosce che la nomina del commercialista contrastava con l’art. 82 dello Statuto” (pagina 2, rigo 7).

Per poi affermare addirittura (pagina 2, righi 30-32) che “sussistono ragioni di interesse pubblico per convalidare” l’illegittima elezione (la trovata dell’interesse pubblico è semplicemente “formidabile” oltre ogni ragionevole immaginazione).

Ma è principio noto che la convalida per ragioni di interesse pubblico non è mai istituto applicabile alla illegittima elezione di soggetto privo dei requisiti di eleggibilità.

Il Consiglio Comunale di Nardò il giorno 08 aprile 2022 ha approvato le due proposte di delibera. In particolare con la deliberazione n. 26il Consiglio Comunale ha approvato una modifica allo Statuto Comunale sostanzialmente ad personam, in particolare all’art. 82.

Non vi è dubbio che la deliberazione rappresenti un disperato tentativo di porre rimedio al gravissimo atto di nomina precedentemente compiuto dallo stesso Consiglio Comunale. Ciò si comprende ulteriormente considerando che immediatamente dopo, nella stessa seduta del Consiglio Comunale dell’8 aprile 2022, il Consiglio Comunale di Nardò approva addirittura una sorta di convalida della nomina illegittima, senza procedere ad una nuova votazione a scrutinio segreto.

È palese che si tratti a tutti gli effetti di una grave illegittimità, poiché il nostro ordinamento non consente di sanare con atti di convalida successivi l’elezione o la nomina di un soggetto in origine ineleggibile.

Giova precisare che cosi procedendo il Consiglio Comunale di Nardò ha palesemente violato un’altra norma dello Statuto, l’art. 92, secondo la quale le norme statutarie entrano in vigore al termine di un iter complesso che prevede la pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione e l’affissione all’albo pretorio comunale per trenta giorni consecutivi.

In ogni caso, quindi, la modifica allo statuto non poteva entrare in vigore lo stesso giorno, ma solo al termine del complesso iter previsto dall’art. 92 dello statuto medesimo (è naturalmente inapplicabile alla fattispecie l’istituto della immediata eseguibilità).

Aggiungo che l’originaria norma dello Statuto Comunale era pienamente legittima, inserita nello Statuto dopo la riforma del Titolo V della Costituzione con l’obiettivo di meglio garantire l’autonomia e l’imparzialità degli organi di controllo.

A seguito della riforma costituzionale attuata con la legge costituzionale n. 3 del 2001 (modifica del Titolo V della Parte II della Costituzione) con l’espresso riconoscimento costituzionale delle potestà statutarie e regolamentari dei Comuni, i Comuni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i princìpi fissati dalla Costituzione (e quindi non più secondo i princìpi espressamente enunciati come inderogabili dalla legge statale).

Successivamente alla riforma costituzionale, la legge 5 giugno 2003, n. 131, recante Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001 n. 3, ha espressamente enunciato all’art. 4che i Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà normativa secondo i principi fissati dalla Costituzione, che tale potestà normativa consiste nella potestà statutaria e regolamentare (primo comma), che lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i principi generali in materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto stabilito dalla legge statale in attuazione dell'art. 117, secondo comma, lett. p) della Costituzione, stabilisce i principi di organizzazione e stabilisce i principi di organizzazione e funzionamento dell’ente.

Nella vicenda di cui ci occupiamo emerge, sostanzialmente, l’univoca condotta di una pluralità di soggetti incaricati di pubblico servizio (sindaco, assessori, consiglieri comunali, dirigente responsabile del servizio), i quali, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di una chiara e limpida norma della Statuto comunale (articolo 82), nonché di plurime altre norme di legge, anche di rango costituzionale, che non offrono margini di discrezionalità, intenzionalmente procurano ad una persona (il professionisita eletto) un ingiusto vantaggio patrimoniale (il compenso annuo previsto è di oltre 28.000,00 euro), arrecando conseguentemente ad altri un danno ingiusto.

Secondo i principi generali, lo statuto di un ente pubblico è un atto normativo, una fonte di diritto paraprimaria che trova il suo fondamento e la sua legittimazione direttamente nella Carta costituzionale.

La natura dello Statuto comunale nel sistema delle autonomie locali è ben delineata in una chiara e articolata sentenza della sezioni Unite della Corte di cassazione (sentenza n. 12868 del 2005).

Ho provato a sintetizzare l’ennesima squallida vicenda che vede Mellone e i suoi consiglieri protagonisti di un modo di amministrare arrogante, che non guarda all’interesse pubblico dei cittadini, ma agli interessi di parte.

Siamo davanti ad una grave degenerazione della politica cittadina, piegata a logiche di potere. Per Mellone non è importante cosa serve alla Città, ma cosa serve a lui per conservare il potere e gestirlo con il minor confronto possibile. 

L’arroganza e la fame insaziabile di potere di Mellone in questi anni hanno trovato buone sponde: Prefettura distratta o poco sensibile, magistratura tendente a sottovalutare che le condotte illegittime, quando ripetute e mai sanzionate, diventano un virus che uccide la democrazia, revisori dei conti (comprensibilmente) poco rigorosi, Corte dei Conti poco efficace.

Per non dire del centrosinistra, che dovrebbe essere la fazione avversa. Tanto avversa che i maggiori esponenti pugliesi del Partito Democratico (Michele Emiliano, Claudio Stefanazzi e tanti altri) si sono distinti per il sostegno a Mellone. 

A questo si è ridotta la politica, con l’effetto delle gravissime forme di disaffezione dei cittadini che gonfiano la platea dell’astensionismo.

Per il bene delle generazioni che verranno su questo dovremmo riflettere molto seriamente.

C’è un tessuto di democrazia da ricostruire interamente, filo per filo.

Marcello Risi

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