I dolori del giovane Werther: "... anche la toponomastica viene usata come uno strumento clientelare"

Nel comune che sta diventando la macchietta di uno stato africano, Nardò, anche la toponomastica viene usata come uno strumento clientelare. A guardare qualche evento recente c'è da chiedersi come sia stata possibile un degrado profondo di uno strumento teso a ricordare avvenimenti e persone che hanno illustrato le comunità cui appartenevano con meriti degni di rilievo.

Significa che il nominativo prescelto per intestare una strada o una piazza, oppure un edificio pubblico deve avere svolto attività al servizio della nazione o delle comunità locali che si elevano dallo svolgimento, sia pure con disciplina e onore, delle ordinarie virtù civiche.

Quindi per intestare ad una persona è necessario, anzi sarebbe viste le ultime trovate del comune di Nardò, che il soggetto sia stato un educatore di altissimo livello, un artigiano dalle spiccate produzioni al limite di arte, un medico dall'abnegazione straordinaria, uno sportivo da prestazioni almeno a risonanza nazionale, un militare insignito di alte onorificenze per atti di straordinario eroismo, un amministratore locale che abbia impresso un impulso straordinario alla città, un religioso di altissime doti morali e di pietà verso il prossimo, uno studioso insigne, un cittadino segnalatosi per atti eroici per salvare vite umane, un tutore della legge che abbia sacrificato la sua vita per la sicurezza della comunità.

Invece a Nardò accade che una consigliera comunale di nuova elezione proponga, come da regolamento, l'intitolazione di una strada ad una persona defunto nell'ormai lontano 1979; allega una stringata biografia da cui risulta che il signore proposto era solo un cavaliere di Vittorio Veneto senza nessun altro elemento di rilievo nella sua vita. Si tratta sicuramente di rispettabile cittadino che ha vissuto onestamente e dignitosamente. Ma non esiste nessun segno di alti meriti che giustifichino la richiesta. Inoltre non sembra neanche che ve ne sia un ricordo particolare nella città.

Ma la giunta comunale e il sindaco con una delibera accolgono, in data 13 aprile, la richiesta presentata il 22 febbraio precedente; sancendo l'intitolazione del piazzale parcheggio alle spalle del distributore di carburante a Santa Maria al Bagno. Una rapidità inusitata che sicuramente non ha giovato alla valutazione dei requisiti per l'intitolazione di una strada. Infatti insigniti del titolo di cavalieri di Vittorio Veneto, ordine istituito nel 1968 a cinquanta anni dalla fine della prima guerra mondiale, sono stati oltre un milione e mezzo italiani (Tutti quelli sopravvissuti a 50 anni dalle ostilità); quindi onorificenza assegnata a tutti i sopravvissuti senza indicare meriti particolari.

La decisione degli amministratori di Nardò non ha motivazioni solide ed è adottata in mancanza di una commissione toponomastica di valore che potesse vagliare la proposta; anche se, per le caratteristiche di autocrazia che ha assunto l'amministrazione di Nardò, la intitolazione sarebbe stata concessa ugualmente a molto personale discrezione degli amministratori.

Speriamo che l'apposita sezione della Prefettura sappia valutare con maggior raziocinio. Altrimenti, negli anni a venire, ci saranno tanti che di fronte al cartello di intitolazione di quel piazzale imiteranno Don Abbondio col suo “Carneade chi era costui?”

Ma mentre nei Promessi sposi era il tremebondo curato ad ignorare il filosofo greco fondatore della Terza Accademia di Atene, qui sono gli intitolatori del piazzale a non conoscere i requisiti del nominato. Che intendiamoci è stata persona rispettabilissima malamente trascinata in questa vicenda da operetta da chi non conosce la “disciplina e l'onore” con cui ricoprire cariche pubbliche aldilà dei numeri.

Werther Messapo

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