Domani, alle ore 12:00, scadrà ufficialmente il termine ultimo per l’iscrizione al campionato di Serie A2. Entro quell’ora, le società dovranno aver versato alla Lega la prima rata di affiliazione. Chi non rispetterà la scadenza verrà escluso. Tra queste, purtroppo, ci sarà anche il Basket Nardò.
La decisione di non procedere con il versamento è definitiva. La società verrà liquidata, pur onorando tutti gli impegni economici ancora aperti. Finisce così un ciclo durato quattro anni, fatto di sfide, emozioni, salvezze e sogni vissuti insieme a un’intera comunità. Per i tifosi granata sarà una delle giornate più tristi.
Durante: “Noi pronti a ripartire, ma non ci hanno ascoltati” - Non è mancato, neanche, un tentativo di salvataggio. L’ex presidente Carlo Durante ha raccontato nelle ultime ore di aver cercato una via alternativa per salvare il titolo sportivo e ripartire, anche da una categoria inferiore.
“Abbiamo provato a contattare l’esponente maggiore della società, Tommaso Greco, ma non ci ha dato retta – racconta Durante –. La nostra proposta era semplice: rilevare il titolo in modo che loro potessero pagare i debiti e noi subentrare. Non volevamo mantenere la Serie B Nazionale, ma fare la B Interregionale, ripartendo da lì, con un progetto solido e a lungo termine.”
Durante ha spiegato che non sarebbe stato un tentativo solitario, ma il frutto di un’iniziativa collettiva: “Ci siamo raccolti in 10-12 amici, tutti disposti a fare le categorie inferiori, consapevoli che si sarebbe trattato di un percorso lungo e impegnativo. L’obiettivo era ripartire dal basso, ma con basi concrete. E poi, tra un paio d’anni, quando sarà finalmente pronto il nuovo palazzetto di Nardò, tornare a puntare in alto, con ambizioni vere.”
Una fine che lascia l’amaro in bocca - Parole che aggiungono amarezza a una vicenda già dolorosa. Non solo si spegne una delle realtà sportive più belle del territorio, ma si perde anche un’occasione di continuità, magari meno ambiziosa nel breve periodo, ma carica di significato e prospettiva.
Quando una società fallisce, non è solo il segnale di un decadimento morale o culturale: è la prova concreta che la politica e le istituzioni non hanno saputo svolgere il loro compito. La società è lo specchio delle scelte collettive, delle leggi approvate, delle priorità stabilite nel tempo. Se dilaga l'indifferenza, se le nuove generazioni perdono fiducia nel futuro, allora è evidente che qualcosa si è spezzato nel patto tra cittadini e Stato.
Le istituzioni dovrebbero essere il motore del progresso, il sostegno per chi è più fragile. La politica, invece, dovrebbe ascoltare, prevedere, guidare. Quando entrambe falliscono, il prezzo lo paga la società nel suo insieme. La mancata pianificazione del palasport ha costretto la società a giocare lontano dalle mura amiche. Con tutti i problemi del caso.
Non si può chiedere responsabilità ai singoli senza prima interrogare le strutture che dovrebbero sostenerli. Il declino di una società non è mai un fatto improvviso: è il risultato di una lunga catena di omissioni e scelte sbagliate. E ogni fallimento collettivo dovrebbe interrogare prima di tutto chi aveva il potere – e il dovere – di evitarlo.
Domani a mezzogiorno il sipario calerà ufficialmente. Il Toro lascia il palcoscenico della Serie A2, ma nella memoria resteranno le battaglie, le emozioni, le vittorie insperate. Resta soprattutto l’amore di una comunità intera, che oggi si ritrova ferita ma non sconfitta. Perché lo sport, come la vita, sa ripartire anche dopo il buio.