Benvenuti nella tempesta perfetta, da Red Storm, di D’Angelo ‘Dee’ Harrison

Sottostimato e sottodimensionato il più delle volte, ammirato e idolatrato in ben altrettante. La storia di D’Angelo Harrison non presenta punti di domanda o parentesi nascoste: o si prende o si lascia, o si ama o ci si scontra. È la storia di un ragazzo che con grinta, tenacia, spirito di appartenenza e grande forza di volontà ha scalato montagne, pregiudizi e punti oscuri.

A furia di canestri, di punti, di triple su triple. La sopravvivenza è sempre stata un istinto primordiale per ‘Dee’, superando un’infanzia segnata dall’abuso di droga di sua madre e dalla prigionia di suo fratello ‘Drizzy’, stretti da un legame assoluto e invincibile. D’Angelo ha continuato a giocare e segnare per lui, e quando finalmente è giunto il momento di riabbracciarsi, la gioia non ha avuto eguali. Non sorprende, dunque, la sua voglia di andare contro il fato apparentemente segnato, di continuare a crescere e migliorare e lasciare una traccia indelebile nei luoghi in cui ha vissuto a pieno la pallacanestro. Alla St.John’s University il suo nome è scritto ormai negli almanacchi e nelle bacheche d’onore: miglior tiratore da tre punti della storia del college e terzo miglior realizzatore di sempre dopo Chris Mullin (2440 pt, 1981-85) e Malik Sealy (2402 pt, 1988-1992). Ma non basta: “Nei quattro anni ai Red Storm, ero solo un marcatore.

Non ho necessariamente fatto quello che dovevo fare per vincere la partita – spiega Harrison – fino a quando non sono maturato. Non ho bisogno di essere un realizzatore da 2000 punti. Ho bisogno di prendere rimbalzi, effettuare tiri, difendere, tuffarmi sul parquet. L’ho imparato nel corso degli anni: fare qualsiasi cosa la squadra ti chieda di fare per vincere la partita”. Nella sua stagione da senior (2014/15) St.John’s raggiunse per la seconda volta il torneo NCAA sotto la guida di coach Lavin in panchina e Harrison in campo. Da freshman, al primo anno, ha realizzato 17 punti di media, secondo miglior punteggio medio di tutti i tempi per una matricola di St.John’s (Felipe Lopez sul gradino più alto con 17.8 punti nel ‘94/95).

Laureato in comunicazione, se non avesse giocato a pallacanestro gli sarebbe piaciuto analizzare tutti gli aspetti del gioco da ‘sports analyst’. Il suo corpo ha i segni di tutto ciò che sente, vede e rappresenta. Non è difficile definirlo, come fa già lui stesso, il giocatore di basket più tatuato di sempre. Il suo punto di riferimento nel mondo dello sport è Jackie Robinson, primo giocatore afroamericano a militare nella Major League Baseball. Dal 2004, ogni 15 aprile, tutte le squadre MLB indossano una maglia col numero 42, in onore del ‘Jackie Robinson Day’. Ha partecipato alla Summer League con gli Houston Rockets, la sua franchigia preferita, e al PIT (Portsmouth Invitational Tournament) impressionò gli osservatori entrando nella Top10 per punti, rimbalzi e assist.

Mondo NBA in cui non è riuscito a salire sul treno in occasione del draft 2015, etichettato come ‘undersize’ rispetto alla taglia fisica delle altre point guards d’oltreoceano. Siti specializzati negli States, nello scouting report lo indicavano così: “La versatilità da esterno e la capacità innata di realizzatore sarebbero perfetti per l’Europa. Non saremmo sorpresi di vederlo diventare una star all’estero”. Un’investitura di tutto rilievo che, a distanza di circa cinque anni, ha i contorni della profezia: la consacrazione ufficiale avviene nello scorso mese di luglio. Dopo i mesi di emergenza sanitaria da Covid19, la Lega israeliana decide di concludere la stagione e assegnare il titolo attraverso la formula dei playoff a partita secca.

D’Angelo guida i suoi Maccabi Rishon alla finalissima, da top scorer del torneo (24.8 pt), leader per valutazione media (31) e nei primi quattro posti nelle statistiche di rimbalzi, palle recuperate, plus/minus e quoziente punti/minuti giocati. Il 28 luglio, giorno della finale contro il Maccabi Tel Aviv, è l’ultimo ad arrendersi. I suoi 38 punti (12/19 dal campo e 5/8 da tre) ormai sono leggenda: career high nella Winner League, miglior prestazione di sempre per un giocatore del Rishon nei playoff e record di punti delle Final Four di Basketball Super League.

La notizia del suo trasferimento a Brindisi è rimbalzata tra addetti ai lavori, giocatori e appassionati della pallacanestro europea e americana. La decisione di D’Angelo di scegliere la Happy Casa è stata ‘approvata’ da diverse conoscenze più o meno recenti del basket brindisino, a partire da Adrian Banks: “la sua energia è incredibile, Brindisi lo adorerà” in un tweet per commentare la notizia. Altri messaggi di congratulazioni sono pervenuti pubblicamente via social da Tyler Stone, Elston Turner jr, Delroy James, AJ English e Phil Greene IV. Benvenuti nella tempesta perfetta, da Red Storm, di D’Angelo ‘Dee’ Harrison.

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