Poli Bortone: "La classe politica meridionale di vertice incapace di creare solidarietà anche progettuale per colmare quei vuoti storici che connotano ancora il Mezzogiorno"

Leggo senza sorpresa la presa di posizione del presidente Emiliano che con più di qualche anno di ritardo tenta di chiamare oggi a raccolta gli amministratori regionali del Mezzogiorno.

Come se solo oggi si conoscesse la volontà del governo di garantire alle regioni del Nord, obiettivamente più virtuose di quelle del Sud, una autonomia che  aumenterebbe il già vertiginoso gap tra Nord e Sud.  C’è da chiedersi che ruolo politico al di  là del deludente ruolo ammnistrativo abbiano avuto sino ad ora le regioni del Sud che pur partecipano alla conferenza unificata Stato_Regioni, Autonomie Locali ed alla Conferenza Stato Regioni. O sono stati distratti i nostri amministratori regionali o non hanno avuto la capacità dialettica, quella forza politica  di veicolare concetti basilari della nostra democrazia, quali unità della nazione, coesione nazionale, solidarietà, le pari opportunità tra i territori. Si vuol dar torto a Zaia, ottimo governatore se parla di amministrazione inefficiente e non oculata degli amministratori  regionali meridionali? Sarebbe un farlo per partito preso senza avere capacità alcuna di autocritica. La questione meridionale  non è certo una news e il regionalismo tanto avversato negli anni 60/70 da Giorgio Almirante non ha fatto che aggravare il problema aumentando non un semplice divario, ma un abisso economico e sociale tra Nord e Sud sino ad arrivare a questa forma di secessione soft (ma non tanto) contenuta nel disegno di legge Gelmini. Un ministro espressione peraltro di un partito che si chiama ancora Forza Italia non certo Forza Nord. L’Italia non può che essere una, con cittadini titolari, tutti, ma proprio tuti, degli stessi diritti e degli stessi doveri. Il problema è che non si vuole ammettere che il regionalismo all’italiana  è miseramente fallito dando colpi mortali a quell’unità che non fu  sostanzialmente tale già nel 1861 e men che mai oggi.  Eppure, paradossalmente proprio quell’Europa (che non condividiamo per tanti aspetti) ha erogato dagli anni 90 ad oggi miliardi su miliardi all’Italia per avviare e promuovere politiche di coesione con notevoli riserve economiche destinate esclusivamente alle regioni in ritardo di sviluppo, cioè alle regioni del Sud. I governatori di queste regioni, c’è da chiedersi, di qualunque partito siano stati, sono stati capaci di mettere a frutto queste ingenti risorse? Se così fosse stato, in 25 anni di risorse comunitarie, il gap Nord Sud sarebbe diminuito e non aumentato. Sono mai riusciti i presidenti di regione del Sud a mettere a fattor comune i loro progetti (ammesso che ne avessero)? Sono mai riusciti a presentare un progetto condivido per  le infrastrutture della mobilità del Sud? Questo è solo un esempio  di quanto l’individualismo abbia pervicacemente connotato una classe politica meridionale di vertice incapace di creare solidarietà anche progettuale per colmare quei vuoti storici che connotano ancora il Mezzogiorno. Che senso ha allora chiamare a raccolta chi sino ad oggi ha inteso operare in solitudine. Una solitudine desolane, autoreferenziale, dannosa allo sviluppo del Mezzogiorno. La questione meridionale è in primo luogo una questione politica. Altro che invocare una autonomia rafforzata. Vogliamo creare più potenti quanto incontrollati centri di spesa. Un Paese indebitato sino all’osso come l’Italia non può avere un disegno criminoso del genere. Si pensi piuttosto a limitare le spese dando vita ad una coraggiosa riforma istituzionale e costituzionale: si riducano quindi le regioni. In Italia basterebbero e avanzerebbero 5 macroregioni già individuate ai fini elettorali per le elezioni al parlamento europeo. Solo così il Mezzogiorno potrà essere uno, unito, solidale capace di progettare non  più per segmenti, ma per territorio. Si muova la gente per esigere  la realizzazione di un progetto del genere, si muovano le madri, o giovani disoccupati, gli anziani con pensioni da fame, le categorie produttive tutte, i lavorati in cassaintegrazione, gli inoccupati. Se un appello va fatto non va certo rivolto a chi sino ad oggi è stato incapace di far progredire il Sud, ma ai cittadini tutti del Mezzogiorno, ormai stufi di subire  colpevoli inefficienze e ansiosi di vivere  in una Italia nella quale la dignità della persona sia riconosciuta da Aosta a Santa Maria di Leuca.

 

Adriana Poli Bortone Presidente di Io Sud

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