A Roma il vernissage delle ultimissime opere di Vittorio Tapparini, la natura, il mare e il “tempo delle rose”, in mostra anche gli echi dei giocattoli e delle storie “rodariane”

Una ventina di coloratissimi olii delle ultime collezioni e un racconto sulla tela in un personalissimo stile che inaugura il “maxipop”: ecco “Il Tempo delle Rose”, la nuova personale di pittura con cui il pittore scultore leccese Vittorio Tapparini torna a Roma. Il vernissage si terrà sabato 23 aprile alle 18.30, in Via Del Corso 528, presso la Galleria di Santa Maria dei Miracoli (la mostra resterà aperta tutti i giorni fino al 1 maggio dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 20).
 
Nel ricco allestimento si riuniscono le ultimissime opere dedicate alla natura, al mare e al “tempo delle rose”, ma si ritroveranno anche gli echi dei giocattoli e delle storie “rodariane” (la collezione di Tapparini dedicata a Gianni Rodari) e le sue Vespe. È un’arte che rievoca pensieri ed elementi della vita che tutti ci portiamo dentro, con immagini simboliche ingrandite sulle tele che riconvocano un mondo interiore trascurato dalla modernità. Si ritroveranno sulle tele ricordi della natura, dei giochi e della nostra quotidianità ridisegnati in chiave pop dall’artista, anzi maxi-pop, oltremodo ingranditi, mescolati ed enfatizzati. 
 
“Il tempo delle rose”, titolo della mostra romana di Tapparini (classe ’61 figlio d’arte), esprime la metafora di un concetto semplice: tornare alla purezza di un’esistenza arcadica, scevra dall’aridità, e piuttosto ricca di bellezza, di voglia di fare bene nel nostro quotidiano e nel mondo, di voglia di coltivare la passione per il pianeta che ci ospita e di tornare ad entrare in empatia con esso.
 
Il tempo delle rose, in questi giorni assurdi, vuol essere anche quello in cui si gettano ogni giorno le fondamenta di un mondo senza guerre. C’è stato un tempo in cui simbolicamente si mettevano i fiori nei cannoni: l’artista si chiede perché non pensare di tornare a farlo?
 
La rosa, regina dei fiori, è il simbolo della vita, cioè la cosa più preziosa che ognuno possiede e che bisogna rispettare sempre, in tutte le sue forme: la nostra come quella degli altri esseri viventi tutti.
 
L’artista ha già negli ultimi anni costruito un’intera collezione sulle “storie del mare”, scegliendo di elogiare gli ambienti marini, quell’acqua dove in fondo tutto ha avuto inizio. In questa mostra quindi si uniscono e si amalgamano i suoi pesci con le opere del “tempo delle rose” e con la collezione “rodariana”, dedicata alla poetica di Gianni Rodari e al suo saper vedere “una favola in ogni cosa”, sempre proseguendo il discorso della Natura. Ma non mancano anche le iconiche Vespe di Tapparini con il loro senso dell’andare. Questo significa ritrovare qui una sorta di “antologica dell’anima”, come dice Tapparini, con tutte le ultime collezioni dell’artista che mantengono un unico filo conduttore della sua recente poetica partita proprio da Roma, da “Favole d’amore” nel 2016, e approdata ad un più ampio sguardo sulla Vita e sulle cose veramente essenziali. 
 
“L’ultima collezione dove tutto confluisce – spiega Tapparini – ricongiunge la mia propensione degli ultimi anni verso l’elogio della vita, in una sorta di maxi-pop, come amo dire, che ripropone tutti i simboli contenuti nella mia aria poetica. Perché come diceva Warhol ‘tutte le cose sono nell’aria’ e, io aggiungo, vanno colte”.
 
L’arte è narrazione, mai è un monito che arriva dall’alto, semmai disegna l’alba di una nuova era, un’utopistica visione da scegliere per seminare insieme nuovi futuri. Anche un grande palazzo nasce da una prima piccola pietra, e questo pop un po’ surreale e un po’ fiabesco di Tapparini vuole diventare un piccolo tassello del disegno di una grande visione collettiva che in qualche modo sta già nascendo, è già tra noi. Va solo rivelata e spinta da un movimento culturale, trasversale e transnazionale, che in quest’epoca dai tratti decadenti e apocalittici rimetta in luce la speranza.
 
Spiega l’artista: “Sono io Vittorio il primo a dover reimparare ogni giorno a credere al futuro, a lasciarmi confondere da gioie inattese, ad ammirare chi, al contrario di me, conosce la pazienza che, come diceva Plauto, è il miglior rimedio per ogni difficoltà. E queste collezioni pittoriche ridondanti di richiami all’infanzia, di echi poetici e surreali sono nate dalla mia inquietudine, concepite nei periodi più bui della pandemia. Per me questo significa anche che, nel nostro silenzio interiore, a volte sepolte da ansie o macerie del presente, ognuno di noi ha dentro la sua pace, la sua gioia di vivere e di amare. E bisogna andare a riprendercele queste gioie con la concretezza ottimista dell’infanzia. Oggi, subito: perché il tempo delle rose passa, il nostro tempo sta correndo via ogni giorno e dobbiamo impiegarlo al meglio. Un tempo si mettevano le rose nei cannoni, perché non ricominciamo a farlo? Io intanto ve le ho messe sulle tele, con i giocattoli con cui abbiamo sognato e con i quali, tra smontare e rimontare, ci siamo costruiti il carattere. E poi vi ho messo i pesci e altri esseri viventi del mondo naturale di cui siamo parte. Che dite, ricominciamo da qui?
 
 
 
Vivete, se volete darmi retta, non aspettate domani. Cogliete oggi stesso le rose della vita” Pierre Ronsard (1524-1585)
 
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